Provo una così vasta gamma di emozioni che fatico davvero a trovare nomi sufficenti, a collegare parole a sensazioni, a far combaciare tutti i pezzettini minuscoli che creano il gioco della mia mente.
Sono l'epicentro di un terremoto confuso (ordinato) che fa crollare castelli di carte e palazzi di vetro e mondi interi di quel lego con cui giocavo da bambina.
Sento emozioni che io stessa non riesco a sostenere, trattenere, controllare; cado, esplodo, rotolo giù.
E' tutto così più grande di me!
Non fa che invadermi la passione per ogni cosa; felicità, tristezza e rabbia sono tanto imponenti da strabordare, fuori dagli occhi, giù fino alla punta del naso arrossato dal freddo.
Travolta, spinta, deformata dai sentimenti; i ruoli s'invertono ed è lo stomaco a controllare il cervello, il corpo domina sulla mente - ma come posso evitarlo?
E' solo segno che sono viva..
In the depth of winter, I finally learned that there within me lay an invincible summer.
Visualizzazione post con etichetta inverno. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta inverno. Mostra tutti i post
venerdì 4 marzo 2011
domenica 23 gennaio 2011
Settantasei.
we are the waiting unknown
are we?
Ho perso molta della mia poesia per strada, correndo, così di fretta, così affannata - quanto parole rimaste nella biro bic, quella blu, la mia preferita, se le è tenute tutte per sè!are we?
Però anche se non scrivo continuo a pensare, e guardo il foglio che un po' piange, e le parole diventano sempre meno e si sentono anche sole.
Spero tanto che arrivi il futuro, non vedo l'ora di conoscerlo!, ma come non confondere l'interesse e la curiosità tra loro? Alla fine futuro può essere anche oggi e allora cosa aspetto?
Trovando sempre un motivo che nella mia testa è valido per procrastinare non prenderò mai in mano quello che è già nella stessa mano che pure non vuole afferrare le cose, non le stringe, non le trattiene.
Non so, le (in)decisioni mi aspettano, e mi aspettano i capelli azzurri e quelli fucsia, corti o lunghi, lisci e mossi, e le scelte poi, non ne parliamo!
Adesso appena mi crescono i denti faccio tutto, davvero, lo prometto!

giovedì 13 gennaio 2011
Settantacinque.
Vorrei tanto scrivere, ma qui piove così tanto!
Anzi forse è il contrario e ha smesso di piovere ed è preoccupante.
Il nuvolone grigio qui si sfogherebbe un pochino e sarebbe meglio eh!
Vomito parole inutili e chiedo scusa, soffro di logorrea, non ci posso fare niente.
O quasi.
Adieu.

Anzi forse è il contrario e ha smesso di piovere ed è preoccupante.
Il nuvolone grigio qui si sfogherebbe un pochino e sarebbe meglio eh!
Vomito parole inutili e chiedo scusa, soffro di logorrea, non ci posso fare niente.
O quasi.
Adieu.

domenica 28 febbraio 2010
Cinquantasette.
Anche se prima o poi Photoshop dovrò procurarmelo
E va bene, è vero, scatto fotografie con una macchina da poco.E vi dirò di più.
Le modifico con Paint.

domenica 21 febbraio 2010
Cinquantasei.
Oggi
Oggi ho voglia di fotografare quello che siamoho voglia di suonare un pianoforte arancione
ho voglia di guardare il sole in faccia
ho voglia di leggere vecchie poesie
ho voglia di camminare sul bordo del marciapiede
ho voglia di contare le differenze per trovare che niente è cambiato
ho voglia di un abbraccio e di un bacio sulla fronte
ho voglia di mettere guanti e cappotto e tacchi
ho voglia di guardare fuori dalla finestra
ho voglia di accarezzare lo stregatto
ho voglia di perdermi nel gomitolo di strade
ho voglia di aprire le braccia quanto riesco
ho voglia di salire sul tetto
ho voglia di ascoltare l'erba che cresce

venerdì 12 febbraio 2010
Cinquantacinquediciassette.
Well, she was just seventeen
never been a beauty queen..
Adesso sono dispari,never been a beauty queen..
sono dispari e per un anno sarò dispari.
Oh sssssììììì!

sabato 6 febbraio 2010
venerdì 29 gennaio 2010
Cinquantatrè.
Tschus tschus
E' triste dirsi "a domani" alle sei di sera, lo trovo triste; è simpatico, è tenero, è confidenziale, è sicuramente amichevole e noi non siamo amici."A presto" sarebbe forse meno triste, o forse lo sarebbe di più, non lo so; perchè a presto significa tra 10 minuti ma significa anche dopodomanii.
"A dopo" ha poco senso se non è detto che dopo ci sentiamo, ma potrebbe essere ciò che vorrei; mi darebbe forse la certezza che dopo sentirò ancora la stessa voce, mi darebbe forse la sensazione di aspettare qualcosa.
"A mai" è imponente, l'addio mantiene sempre la sua importanza; un saluto per sempre non può del resto essere leggero o buttato lì così.. "a stasera" è un appuntamento preciso che va rispettato, ma non si sa mai.
Giusto?
Il problema più grande è comunque le mia precisione nel notare quei minuscoli dettagli; avermi vicina dev'essere stressante talvolta, essere così pignola mi pesa in certe situazioni.
Questa.
E' triste dirsi "a domani" alle sei di sera perchè sono solo le sei di sera e domani è troppo lontano.
domenica 17 gennaio 2010
Cinquantadue.
Colla.
(non ho foto perchè non sono dal mio computer,
il quale ha deciso di abbandonarmi definitivamente)
E' che le sue mani sono così belle!(non ho foto perchè non sono dal mio computer,
il quale ha deciso di abbandonarmi definitivamente)
Penso che ognuno guardi tutte le altre persone basandosi su sè stesso.
E' come se tutti avessimo bene in mente il nostro peggior difetto e il nostro miglior pregio, e guardassimo di conseguenza l'aspetto di tutti gli altri.
Si chiamano fisse.
Tutti le hanno, e si manifestano quando guardiamo il nostro stesso corpo allo specchio o quando guardiamo quello altrui.
Così io quando guardo chi mi circonda, noto sempre gli stessi dettagli.
Le labbra e i denti, le spalle e le caviglie, i polsi e le mani.
E vale quasi per tutti.
E le sue spalle sono così belle!
martedì 12 gennaio 2010
Cinquantuno.
In the depth of winter,
I finally learned that there within me
lay an invicible summer.
Scrivo così poco ultimamente.I finally learned that there within me
lay an invicible summer.
E non ho ancora ricominciato a scattare foto.
E' il freddo.
Quello fuori e quello dentro.
Quello solo e quello in compagnia.
E' il freddo.
Con le mani in tasca non riesco ad impugnare la macchina fotografica.
Con la sciarpa fin sopra al naso non riesco più a parlare con le persone.
Le guardo con gli occhi scoperti e taccio, non muovo le braccia per la giacca che mi ingombra ogni movimento.
Preferisco l'estate, dove ho gli occhi coperti dagli occhiali da sole ma posso esprimermi con tutto il mio corpo.
Preferisco la primavera, dove posso abbracciare chi voglio e ballare nei parchi.
Sai, dovrei smetterla con questa mia metereopatia.
Mi rovina metà anno.
E' stupido, controproducente, autolesionistico.
Com'era quella frase così vera?
"Nel pieno dell'inverno ho finalmente capito che dentro di me è insediata un'estate invincibile."
venerdì 8 gennaio 2010
Cinquanta.
Nascono oggi Elvis Presley e David Bowie.
(Sti gran cazzi - se mi permettete!)
(Sti gran cazzi - se mi permettete!)
Oggi, durante la lezione di latino, il mio sguardo era come sempre incollato alla finestra. O meglio, fuori da questa.
E c'era un grosso tubo di rame, credo, che con il tempo e per via dell'ossidazione ha preso da tempo quel colore verde sbiadito tipico. E mi è balzata in mente la statua della libertà, con un'agilità che non pensavo potesse avere un monumeto di tale dimensioni.
Mi è saltata in testa, dicevo, lei e la sua isoletta, e il traghetto che mi ci ha portata, e tutta Manhattan e New York, e anche Jersey City e l'albergo in cui stavo.
E mi è sembrato di sentirne l'odore, le luci dall'altra parte dell'Hudson e il silenzio di Wall Street. Ma soprattutto l'odore.
E l'immagine di quei palazzi che sembrano voler scappare nel cielo,
oppure semplicemente prendere le distanze dal terreno; una visione un po' snob, quest'ultima.
Però ci sta.
Vorrei anche io prendere un po' le distanze da questi pavimenti, ogni tanto.
E lo farò.
Rinchiuderò i miei piedini in scarpe che non mi permetteranno di camminare, e mi allungherò di qualche centimetro.
Per far cosa, poi?
Bah.
Solo che nel frattempo il professore parlava.
Mi spiace che il latino sia sempre martire di questi miei pensieri.

martedì 5 gennaio 2010
Quarantanove.
E' tanto stupido quanto dolce augurarsi buon anno ogni primo di gennaio, no?
E' così assurdo e allo stesso tempo bambinesco!
Non è possibile che un anno sia bello nella sua integrità, non è possibile che su 365 giorni ce ne siano 365 belli. E' improbabile, impossibile, ogni tipo di scienza è contro questa eventualità.
Non si può.
Ma ce lo si dice lo stesso! Ce lo si dice e ce lo si brinda; alla nostra salute, al 2010. Pussa via 2009!
365 giorni l'anno non possono essere tutti buoni.
Ma se i giorni belli sono più di quelli brutti, l'anno è relativamente positivo; sbaglio?
E 365 è dispari, quindi per forza di cose il numero di giorni belli e quello di giorni brutti non coincideranno.
Ma che senso ha dire che è buono un anno in cui vi sono 183 giorni belli?
Bah.
Vi auguro comunque un buon anno.
Perchè si fa, perchè è tenero, e perchè non vi avevo augurato Buon Natale!
E' così assurdo e allo stesso tempo bambinesco!
Non è possibile che un anno sia bello nella sua integrità, non è possibile che su 365 giorni ce ne siano 365 belli. E' improbabile, impossibile, ogni tipo di scienza è contro questa eventualità.
Non si può.
Ma ce lo si dice lo stesso! Ce lo si dice e ce lo si brinda; alla nostra salute, al 2010. Pussa via 2009!
365 giorni l'anno non possono essere tutti buoni.
Ma se i giorni belli sono più di quelli brutti, l'anno è relativamente positivo; sbaglio?
E 365 è dispari, quindi per forza di cose il numero di giorni belli e quello di giorni brutti non coincideranno.
Ma che senso ha dire che è buono un anno in cui vi sono 183 giorni belli?
Bah.
Vi auguro comunque un buon anno.
Perchè si fa, perchè è tenero, e perchè non vi avevo augurato Buon Natale!
giovedì 24 dicembre 2009
lunedì 21 dicembre 2009
Quarantasette.
Cat stevens?
Non è momento per i cambiamenti.
Just realx, and take it easy.
Sei ancora giovane, questo è il tuo problema: ci sono un sacco di cose che devi ancora imparare.
Mica è un problema da poco.
Non è momento per i cambiamenti.
Just realx, and take it easy.
Sei ancora giovane, questo è il tuo problema: ci sono un sacco di cose che devi ancora imparare.
Mica è un problema da poco.
Stavo pensando alla chiesa.
Stavo pensando alla vergine Maria e al suo figliuolo, al cattolicesimo, al protestantesimo.
Insomma, partivo dal presupposto di essere cattolica, così come mi hanno cresciuta i miei genitori e come mi sono sempre considerata.
Ragionavo su quanto di misogino ci sia nel cristianesimo.
E' come se, nell'allontanare tutto ciò che è male, si arrivasse al punto assurdo di allontanare ogni piacere effimero o edonistico.. Tutto ciò che è tentazione, letteralmente parlando.
Tutto quello che tenta il corpo tramite la mente è orribile.
Tenta il corpo tramite la mente: intendo dire che la chiesa disprezza le tentazioni corporali, ma di fatto non c'è nulla di più psicologico o incontrollabile dell'istinto, che sia quello di sopravvivenza, o che altro.
E' come soffocare qualcosa di naturale, voglio dire; una sorta di diga per chiudere un fiume che per natura e indole scorrerebbe libero.
So benissimo di inoltrarmi in un campo che non conosco; mi assumo la responsabilità di tutto quello che dico, di ogni errore commesso per ignoranza. Cerco solo di fare un ragionamento.
I due esempi più lampanti di quello che sto cercando di dire sono due dei sette vizi capitali; nel dettaglio, la gola e la lussuria.
Prendevo in considerazione la lussuria.
Dio è uomo.
O no? Più o meno. Circa.
Perchè?
Questo è femminismo esagerato. Forse. Ok.
Ma è misogino lo stesso. Circa tutta la chiesa lo è.
Pensaci!
Tu che leggi, cerca di seguire il mio pensiero! So che è sfuggevole e mal esposto, ma provaci!
Qual è la donna più stimata dalla chiesa, dalle scritture, dai credenti?
Sai qual è?
E' l'unica donna che sia riuscita a far valere la sua funzione procreativa senza il bisogno di un rapporto sessuale. La vergine Maria. Oh com'è pura!, oh com'è vergine!
Eddai.
Che senso ha?
La donna potrebbe essere considerata la tentazione numero uno per l'uomo, con tutto ciò che questo comporta.
Qual è l'unica cosa che può fare una donna per entrare a far parte della chiesa?
Farsi suora.
Oh che purezza! Che meraviglia!
Ma perchè?!
Cazzofigaporcaputtana, perchè?
E se tu, clericale, credi che Dio ci abbia veramente crato, che abbia creato noi come esseri umani, per quale assurdo motivo devi soffocare questo tuo stesso essere uomo?
Sei animale, lo sai?
Non intendo insultare nessuno..
Siamo animali davvero!
A me non fa neanche così schifo esserlo.
Bah.

martedì 17 marzo 2009
Tredici.
Questa fu una delle sue avventure, un'altra da narrare,
a qualcun altro, chissà dove, chissà quando.
a qualcun altro, chissà dove, chissà quando.
C'era una volta un principe. E... sì, c'era anche una principessa.
Questo principe era scappato dal suo regno, dunque in realtà non si può chiamare principe. Era un cavaliere solitario; senza casa e senza vergogna, vagava per il mondo. Non aveva bisogno di scudieri o schiavi, se l'era sempre cavata da solo, con le proprie mani. La sua spada e il suo intelletto, questo aveva e tanto bastava. Non aveva mai sentito la mancanza di nessuno, non aveva mai provato nostalgia o dolore; forse un po' di rabbia, qualche volta.
Semplicemente incapace di avere a che fare con la gente, incapace di provare sentimenti frivoli e leggeri: quale tra le emozioni più dolci può esser definita utile per un guerriero? Senza aver avuto donne, non ha mai sentito la necessità di trovarne o cercarne una; nessun impegno avrebbe potuto fermarlo. Troppo difficile e rischiosa, la sua vita, per esser condivisa con una dama.
Come il vento,
lui non possedeva nulla: forte e potente, arriva e se ne va. Sposa oggetti e distrugge - oppure aiuta qualche marinaio, dipende dal suo umore.
Così faceva il principe:
veloce e fugace, solo con il suo cavallo e la sua arma, vagava di reame in reame, in questa terra del nulla.
Ma c'era una principessa - l'avevo forse già accennato?
In un regno, c'era una principessina.
Sposata felicemente con il suo amato, per ora tutto andava bene: nobili normali, secondo i soliti canoni. Venivano da due rispettabili e felici famiglie; lei, figlia del re e della regina, lui di aristocratici della zona.
La principessa adorava la natura, con i suoi colori e i suoi profumi: lei stessa sapeva di fiori di campo. Una volta, tanto tempo fa, era nel bosco a respirare e assaporare il canto degli uccelli, felice e ridente, e una folata di aria fresca le scompigliò i capelli, legati con dei nastri, e la veste regale. Insieme alla brezza, era giunto uno straniero, su di un cavallo nero pece e con un'espressione seria in volto. Il cavaliere vide la giovane donna e si fermò ad osservarla divertito, nascosto dagli alberi. La principessa non lo notò subitaneamente, e quando lo vide da vicino ne restò affascinata. Ma lui.. Lui ne aveva viste tante di fanciulle, e molte tra queste erano decisamente più belle della ragazzina che ora si trovava davanti e guardava con occhi attenti. Ma c'era qualcosa, in quella bambina cresciuta, che lo attirava e lo ammaliava particolarmente.
Forse la spensieratezza, forse la bontà.
Un breve dialogo, privo di presentazioni, e il giovane scese dal suo cavallo per sedersi sull'erba, affianco ai boccoli scuri della solare piccola donna. Le mostrò la sua chitarra, raccontò le sue avventure, la sua storia. Lei lo ascoltò con partecipazione e mente aperta, senza giudicare niente e nessuno. Ma si fece subito sera, e al tramonto la donnina dovette tornare alla sua dimora. Il cavaliere la salutò con eleganza e la guardò correre via.. E’ chiaro, tuttavia, che si rivedranno.
Passò del tempo, e la principessa si accorse sempre più dell'assenza del marito. C'era ma non c'era, e il tutto andava avanti per inerzia e apparenza ai sudditi. Semplicemente, non aveva mai avuto ragione di interrompere il matrimonio.
Inoltre, ascoltando le avventure dello sconosciuto, la donna si accorse che la sua vita era piatta e scialba, che non si accontentava più della sua tranquillità. Ma sarebbe stato disdicevole, per una futura regina, un divorzio affrettato - preferì pensarci con calma.
In fondo, il vento una volta le sussurrò che avrebbe avuto tutto il tempo del mondo.
Nel frattempo incontrò più spesso il cavaliere, sempre nel bosco, sempre alle radici dello stesso albero, quasi fosse una colonna di una piazza a caso.
Lui le mostrò cartine dei suoi viaggi, le raccontò di un popolo lontano. Cantarono canzoni accompagnate dalla sua vecchia chitarra, lessero poesie. C'era un'armonia che nessuno dei due aveva mai trovato prima.
Ma la principessa era ancora legata al marito, passarono dei mesi prima che lei facesse il passo decisivo. Quando si è deboli si ha bisogno di certezze, e il tempo spesso aiuta.
In quei mesi, però, capitò che il marito partisse per qualche giorno - la damigella sua sposa sapeva bene della presenza di un'altra donna, là dove era diretto.
Fu in quel periodo che tra i due sconosciuti successe qualcosa.
Un bacio dal sapore agrodolce, due piccole parole forti e forse esagerate, tante risate spensierate e allegre. In quel tempo, il cavaliere conobbe davvero la principessa: lei gli aprì le porte del suo mondo fiabesco, una volta lo condusse anche nel suo castello.
Ma lo sposo tornò, così come era previsto, e si arrivò alla resa dei conti.
Crollò a questo punto la stabilità del mondo della piccola donna. L'aveva voluto lei, sì, ma ci fu ugualmente un momento di confusione generale, e per questo lei e il cavaliere non si videro per qualche tempo.
Finché, un bel dì, ricominciarono a frequentarsi, tornando sotto quell'albero nel bosco. Passava così, rapidamente, il tempo (i giorni pesano se sono vuoti, quei giorni invece volarono leggeri).
Ma come può un guerriero restare intrappolato da un amore fugace?
Partì, con la certezza che avrebbe voltato pagina senza fatica.
Cercò dunque di passare oltre, come faceva sempre, con le sue avventure, riprendendo il viaggio. Ma, questa volta, quest'avventura non l'aveva vissuta da solo, non spettava solo a lui decidere cosa dimenticare e cosa mantenere intatto.
Lei non aveva alcuna intenzione di passare oltre o di dimenticare qualcosa - neanche il più piccolo dettaglio doveva essere scordato. Lo seguì. Gli scrisse lettere su lettere, torturandolo di ricordi che lui cercava di affogare nel rosso scuro e buio del vino, superando quel che era stato e andando alla ricerca di una nuova impresa, degna delle precedenti. Tentando di fuggire. E fuggiva, fuggiva. Scappò lontano. Ma non importa dove dormì quella notte o quanto lontano scappasse.. Tornò.
Dopo qualche tempo, dopo più di un mese, tornò e lei sapeva che sarebbe tornato. La trovò lì, ad aspettarlo, pronta a stringerlo e a farsi stringere di nuovo. Scese dal suo cavallo pece e la guardò negli occhi, come se nulla fosse successo, come se quei giorni gravi e lenti non fossero esistiti. Sicuramente vissero felici e contenti. Ma dopo un lungo tempo sereno, dopo notti insieme, dopo tante carezze e un po' di passione, dopo risate e discussioni, dopo passeggiate e serate, il tempo tornò a chiamare il cavaliere solitario, a distoglierlo da tutto ciò che è futile e, forse, a destarlo da sentimenti falsi.
Lo vide, la sua dama, dalla finestra salire a cavallo e uscire dai cancelli; urlò e lo chiamò, chiedendo perché, il motivo di tutto questo.
In fondo era mio diritto conoscere la ragione della mia stessa solitudine.
Tuttavia non ricevetti alcuna risposta. La decisione era stata già presa, in mia assenza, e nulla può frenare la determinazione di un guerriero che ha sempre vissuto da solo e che non ha mai dovuto discutere né condividere con qualcuno le sue scelte.
Semplicemente, fa quello che vuole fare.
Così il vento si riprese il suo uomo, e io non potei far altro che guardarlo sparire nell'orizzonte.

Questo principe era scappato dal suo regno, dunque in realtà non si può chiamare principe. Era un cavaliere solitario; senza casa e senza vergogna, vagava per il mondo. Non aveva bisogno di scudieri o schiavi, se l'era sempre cavata da solo, con le proprie mani. La sua spada e il suo intelletto, questo aveva e tanto bastava. Non aveva mai sentito la mancanza di nessuno, non aveva mai provato nostalgia o dolore; forse un po' di rabbia, qualche volta.
Semplicemente incapace di avere a che fare con la gente, incapace di provare sentimenti frivoli e leggeri: quale tra le emozioni più dolci può esser definita utile per un guerriero? Senza aver avuto donne, non ha mai sentito la necessità di trovarne o cercarne una; nessun impegno avrebbe potuto fermarlo. Troppo difficile e rischiosa, la sua vita, per esser condivisa con una dama.
Come il vento,
lui non possedeva nulla: forte e potente, arriva e se ne va. Sposa oggetti e distrugge - oppure aiuta qualche marinaio, dipende dal suo umore.
Così faceva il principe:
veloce e fugace, solo con il suo cavallo e la sua arma, vagava di reame in reame, in questa terra del nulla.
Ma c'era una principessa - l'avevo forse già accennato?
In un regno, c'era una principessina.
Sposata felicemente con il suo amato, per ora tutto andava bene: nobili normali, secondo i soliti canoni. Venivano da due rispettabili e felici famiglie; lei, figlia del re e della regina, lui di aristocratici della zona.
La principessa adorava la natura, con i suoi colori e i suoi profumi: lei stessa sapeva di fiori di campo. Una volta, tanto tempo fa, era nel bosco a respirare e assaporare il canto degli uccelli, felice e ridente, e una folata di aria fresca le scompigliò i capelli, legati con dei nastri, e la veste regale. Insieme alla brezza, era giunto uno straniero, su di un cavallo nero pece e con un'espressione seria in volto. Il cavaliere vide la giovane donna e si fermò ad osservarla divertito, nascosto dagli alberi. La principessa non lo notò subitaneamente, e quando lo vide da vicino ne restò affascinata. Ma lui.. Lui ne aveva viste tante di fanciulle, e molte tra queste erano decisamente più belle della ragazzina che ora si trovava davanti e guardava con occhi attenti. Ma c'era qualcosa, in quella bambina cresciuta, che lo attirava e lo ammaliava particolarmente.
Forse la spensieratezza, forse la bontà.
Un breve dialogo, privo di presentazioni, e il giovane scese dal suo cavallo per sedersi sull'erba, affianco ai boccoli scuri della solare piccola donna. Le mostrò la sua chitarra, raccontò le sue avventure, la sua storia. Lei lo ascoltò con partecipazione e mente aperta, senza giudicare niente e nessuno. Ma si fece subito sera, e al tramonto la donnina dovette tornare alla sua dimora. Il cavaliere la salutò con eleganza e la guardò correre via.. E’ chiaro, tuttavia, che si rivedranno.
Passò del tempo, e la principessa si accorse sempre più dell'assenza del marito. C'era ma non c'era, e il tutto andava avanti per inerzia e apparenza ai sudditi. Semplicemente, non aveva mai avuto ragione di interrompere il matrimonio.
Inoltre, ascoltando le avventure dello sconosciuto, la donna si accorse che la sua vita era piatta e scialba, che non si accontentava più della sua tranquillità. Ma sarebbe stato disdicevole, per una futura regina, un divorzio affrettato - preferì pensarci con calma.
In fondo, il vento una volta le sussurrò che avrebbe avuto tutto il tempo del mondo.
Nel frattempo incontrò più spesso il cavaliere, sempre nel bosco, sempre alle radici dello stesso albero, quasi fosse una colonna di una piazza a caso.
Lui le mostrò cartine dei suoi viaggi, le raccontò di un popolo lontano. Cantarono canzoni accompagnate dalla sua vecchia chitarra, lessero poesie. C'era un'armonia che nessuno dei due aveva mai trovato prima.
Ma la principessa era ancora legata al marito, passarono dei mesi prima che lei facesse il passo decisivo. Quando si è deboli si ha bisogno di certezze, e il tempo spesso aiuta.
In quei mesi, però, capitò che il marito partisse per qualche giorno - la damigella sua sposa sapeva bene della presenza di un'altra donna, là dove era diretto.
Fu in quel periodo che tra i due sconosciuti successe qualcosa.
Un bacio dal sapore agrodolce, due piccole parole forti e forse esagerate, tante risate spensierate e allegre. In quel tempo, il cavaliere conobbe davvero la principessa: lei gli aprì le porte del suo mondo fiabesco, una volta lo condusse anche nel suo castello.
Ma lo sposo tornò, così come era previsto, e si arrivò alla resa dei conti.
Crollò a questo punto la stabilità del mondo della piccola donna. L'aveva voluto lei, sì, ma ci fu ugualmente un momento di confusione generale, e per questo lei e il cavaliere non si videro per qualche tempo.
Finché, un bel dì, ricominciarono a frequentarsi, tornando sotto quell'albero nel bosco. Passava così, rapidamente, il tempo (i giorni pesano se sono vuoti, quei giorni invece volarono leggeri).
Ma come può un guerriero restare intrappolato da un amore fugace?
Partì, con la certezza che avrebbe voltato pagina senza fatica.
Cercò dunque di passare oltre, come faceva sempre, con le sue avventure, riprendendo il viaggio. Ma, questa volta, quest'avventura non l'aveva vissuta da solo, non spettava solo a lui decidere cosa dimenticare e cosa mantenere intatto.
Lei non aveva alcuna intenzione di passare oltre o di dimenticare qualcosa - neanche il più piccolo dettaglio doveva essere scordato. Lo seguì. Gli scrisse lettere su lettere, torturandolo di ricordi che lui cercava di affogare nel rosso scuro e buio del vino, superando quel che era stato e andando alla ricerca di una nuova impresa, degna delle precedenti. Tentando di fuggire. E fuggiva, fuggiva. Scappò lontano. Ma non importa dove dormì quella notte o quanto lontano scappasse.. Tornò.
Dopo qualche tempo, dopo più di un mese, tornò e lei sapeva che sarebbe tornato. La trovò lì, ad aspettarlo, pronta a stringerlo e a farsi stringere di nuovo. Scese dal suo cavallo pece e la guardò negli occhi, come se nulla fosse successo, come se quei giorni gravi e lenti non fossero esistiti. Sicuramente vissero felici e contenti. Ma dopo un lungo tempo sereno, dopo notti insieme, dopo tante carezze e un po' di passione, dopo risate e discussioni, dopo passeggiate e serate, il tempo tornò a chiamare il cavaliere solitario, a distoglierlo da tutto ciò che è futile e, forse, a destarlo da sentimenti falsi.
Lo vide, la sua dama, dalla finestra salire a cavallo e uscire dai cancelli; urlò e lo chiamò, chiedendo perché, il motivo di tutto questo.
In fondo era mio diritto conoscere la ragione della mia stessa solitudine.
Tuttavia non ricevetti alcuna risposta. La decisione era stata già presa, in mia assenza, e nulla può frenare la determinazione di un guerriero che ha sempre vissuto da solo e che non ha mai dovuto discutere né condividere con qualcuno le sue scelte.
Semplicemente, fa quello che vuole fare.
Così il vento si riprese il suo uomo, e io non potei far altro che guardarlo sparire nell'orizzonte.
Ma quando arriva il vento a scompigliarmi, ancora una volta, i capelli e le vesti, io sento il suo profumo a scompigliarmi, ancora una volta, i pensieri e i ricordi.

martedì 10 marzo 2009
Dodici.
Black.
Nel momento in cui leggo le sue parole, mi rendo conto di esserne una.Una di tante parole.
Quello scritto che ho sempre considerato così speciale.. Non è altro che una delle sue opere.
Una di tante opere.
Mi rendo solo conto di essere stata una.
Una qualsiasi.
Una a caso.
Una che passava di lì.
Non ho fatto parte della sua vita, sono entrata come sono uscita.
Un'ombra.
Una tra tante ombre.
Forse un'ombra nel buio più totale.
Quanto si nota un'ombra, nel buio?
Che valore ha?
Parole che sono scaturite dalla sua mente quando ancora non c'ero - non c'ero nella sua vita, non c'ero nel suo mondo - paiono semplicemente identiche a parole che pensavo fossero mie.
Mie perchè per me.
Mie perchè mie.
E speciali, in quanto mie.
Ma no.
Sono parole, come tante altre.
In fondo, hanno tutte lo stesso peso.
Anche il numero delle parole non conta.
Non conta nulla.
Scritte o al vento, incise o sbiadite, nuove o vecchie, colte o semplici.
Sono sempre e solo parole.
E, a questo punto..
Cosa importa il significato di queste parole?
Sono solo stupide parole.
Alcune stupide parole, identiche a tante altre.
Quella poesia che mi ha scritto.
Identica a tante altre.
Per tante altre persone, forse, identiche a me.
Forse il valore che ho avuto io, l'hanno avuto anche loro.
Cosa importa, poi, se sono 3 mesi o se è solo una settimana?
Cosa importa se mi conosci e se ti conosco?
Cosa importa tutto questo?
E allora, facciamo così.
Io sono un minuscolo puntino nero in mezzo ad un mare d'inchiostro.
Niente di me andrà ricordato.
Niente di me sarà ricordato.

lunedì 2 marzo 2009
Undici.
W. Shakespeare
If then true lovers have been ever cross’d,it stands as an edict in destiny:
then let us teach our trial patience,
because it is a customary cross,
as due to love as thoughts and dreams and sighs,
wishes and tears, poor fancy’s followers.
venerdì 20 febbraio 2009
martedì 3 febbraio 2009
Nove.
Citazioni colte.
Nè alcuno allor sapea perchè sì vastafiamma avvampasse; ma sapeano i Teucri,
e ne traevan lùgubri presagi,
a quale strazio disperato spinga
un grande amor tradito, a quali estremi
giungere possa il femminil furore.

lunedì 26 gennaio 2009
Otto.
Descrizione.
E' un bambinone. Un grande cucciolo. Con le mani paffute e sgraziate, sempre sporche di pennarello o penna. Passa il tempo a disegnare, fingendo di prendere appunti, fingendo di essere attento alle lezioni. Oppure dorme, e sembra piccolo quando dorme, più che altro perchè sta zitto. Proprio come un bambino: mentre è assopito sembra docile e carino.
Tira su con il naso invece di soffiarlo, pasticcia tutto e si diverte a fare scherzi stupidi ai suoi amici.
Tutto ciò che è vietato lo diverte, bestemmia e poi ride; come i bimbi quando imparano le parolacce e le usano a caso.
Innamorato perso di quella sua amica, la sua compagna di classe da anni, la sua migliore amica. Ma tutti lo sanno, e si vede subito, che è perso per lei. Lui è impegnatissimo ad atteggiarsi, a fare quello che guarda solo le fighe, sostenendo che in una ragazza importino solo tette e disponibilità.
Eppure è innamorato di quella sua amica, che è un'alternativa, alla mano e semplice, un po' buffa ma intelligentissima. Bella ma non vanitosa, noncurante del suo aspetto, quasi mai truccata e assolutamente fuori moda. Sportiva e spigliata, spettinata e poco femminile.
Anche lui è uno sportivo, come i bambini. Forse lo fa sentire libero, come un bimbo che corre libero in un prato.
Conoscendolo poco pare solo un grandissimo imbecille, rompipalle e noioso con le sue stupide passioni - il calcio e qualche cartone animato; ma ad osservarlo attentamente si notano la semplicità del suo carattere e l'ingenuità di alcuni suoi atteggiamenti. Un personaggio buffo, nel quale sono incappata un giorno, così; per caso.
Tira su con il naso invece di soffiarlo, pasticcia tutto e si diverte a fare scherzi stupidi ai suoi amici.
Tutto ciò che è vietato lo diverte, bestemmia e poi ride; come i bimbi quando imparano le parolacce e le usano a caso.
Innamorato perso di quella sua amica, la sua compagna di classe da anni, la sua migliore amica. Ma tutti lo sanno, e si vede subito, che è perso per lei. Lui è impegnatissimo ad atteggiarsi, a fare quello che guarda solo le fighe, sostenendo che in una ragazza importino solo tette e disponibilità.
Eppure è innamorato di quella sua amica, che è un'alternativa, alla mano e semplice, un po' buffa ma intelligentissima. Bella ma non vanitosa, noncurante del suo aspetto, quasi mai truccata e assolutamente fuori moda. Sportiva e spigliata, spettinata e poco femminile.
Anche lui è uno sportivo, come i bambini. Forse lo fa sentire libero, come un bimbo che corre libero in un prato.
Conoscendolo poco pare solo un grandissimo imbecille, rompipalle e noioso con le sue stupide passioni - il calcio e qualche cartone animato; ma ad osservarlo attentamente si notano la semplicità del suo carattere e l'ingenuità di alcuni suoi atteggiamenti. Un personaggio buffo, nel quale sono incappata un giorno, così; per caso.
Iscriviti a:
Post (Atom)
No reason why
- Lucy Van Pelt
- fiori colori sole prato profumi mani voce labbra gonna greco pianoforte basso italiano luce fotografia biro.