Life is a laugh.


Words are flowing out like endless rain into a paper cup,
they slither while they pass, they slip away across the universe.

Thoughts meander like a restless wind inside a letter box,
they tumble blindly as they make their way across the universe.

In the depth of winter, I finally learned that there within me lay an invincible summer.

sabato 21 marzo 2009

Quattordici.

Io c'ero.
Data memorabile. Ventùn Marzo Duemilaenove.

martedì 17 marzo 2009

Tredici.

Questa fu una delle sue avventure, un'altra da narrare,
a qualcun altro, chissà dove, chissà quando.

C'era una volta un principe. E... sì, c'era anche una principessa.
Questo principe era scappato dal suo regno, dunque in realtà non si può chiamare principe. Era un cavaliere solitario; senza casa e senza vergogna, vagava per il mondo. Non aveva bisogno di scudieri o schiavi, se l'era sempre cavata da solo, con le proprie mani. La sua spada e il suo intelletto, questo aveva e tanto bastava. Non aveva mai sentito la mancanza di nessuno, non aveva mai provato nostalgia o dolore; forse un po' di rabbia, qualche volta.
Semplicemente incapace di avere a che fare con la gente, incapace di provare sentimenti frivoli e leggeri: quale tra le emozioni più dolci può esser definita utile per un guerriero? Senza aver avuto donne, non ha mai sentito la necessità di trovarne o cercarne una; nessun impegno avrebbe potuto fermarlo. Troppo difficile e rischiosa, la sua vita, per esser condivisa con una dama.
Come il vento,
lui non possedeva nulla: forte e potente, arriva e se ne va. Sposa oggetti e distrugge - oppure aiuta qualche marinaio, dipende dal suo umore.
Così faceva il principe:
veloce e fugace, solo con il suo cavallo e la sua arma, vagava di reame in reame, in questa terra del nulla.
Ma c'era una principessa - l'avevo forse già accennato?
In un regno, c'era una principessina.
Sposata felicemente con il suo amato, per ora tutto andava bene: nobili normali, secondo i soliti canoni. Venivano da due rispettabili e felici famiglie; lei, figlia del re e della regina, lui di aristocratici della zona.
La principessa adorava la natura, con i suoi colori e i suoi profumi: lei stessa sapeva di fiori di campo. Una volta, tanto tempo fa, era nel bosco a respirare e assaporare il canto degli uccelli, felice e ridente, e una folata di aria fresca le scompigliò i capelli, legati con dei nastri, e la veste regale. Insieme alla brezza, era giunto uno straniero, su di un cavallo nero pece e con un'espressione seria in volto. Il cavaliere vide la giovane donna e si fermò ad osservarla divertito, nascosto dagli alberi. La principessa non lo notò subitaneamente, e quando lo vide da vicino ne restò affascinata. Ma lui.. Lui ne aveva viste tante di fanciulle, e molte tra queste erano decisamente più belle della ragazzina che ora si trovava davanti e guardava con occhi attenti. Ma c'era qualcosa, in quella bambina cresciuta, che lo attirava e lo ammaliava particolarmente.
Forse la spensieratezza, forse la bontà.
Un breve dialogo, privo di presentazioni, e il giovane scese dal suo cavallo per sedersi sull'erba, affianco ai boccoli scuri della solare piccola donna. Le mostrò la sua chitarra, raccontò le sue avventure, la sua storia. Lei lo ascoltò con partecipazione e mente aperta, senza giudicare niente e nessuno. Ma si fece subito sera, e al tramonto la donnina dovette tornare alla sua dimora. Il cavaliere la salutò con eleganza e la guardò correre via.. E’ chiaro, tuttavia, che si rivedranno.
Passò del tempo, e la principessa si accorse sempre più dell'assenza del marito. C'era ma non c'era, e il tutto andava avanti per inerzia e apparenza ai sudditi. Semplicemente, non aveva mai avuto ragione di interrompere il matrimonio.
Inoltre, ascoltando le avventure dello sconosciuto, la donna si accorse che la sua vita era piatta e scialba, che non si accontentava più della sua tranquillità. Ma sarebbe stato disdicevole, per una futura regina, un divorzio affrettato - preferì pensarci con calma.
In fondo, il vento una volta le sussurrò che avrebbe avuto tutto il tempo del mondo.
Nel frattempo incontrò più spesso il cavaliere, sempre nel bosco, sempre alle radici dello stesso albero, quasi fosse una colonna di una piazza a caso.
Lui le mostrò cartine dei suoi viaggi, le raccontò di un popolo lontano. Cantarono canzoni accompagnate dalla sua vecchia chitarra, lessero poesie. C'era un'armonia che nessuno dei due aveva mai trovato prima.
Ma la principessa era ancora legata al marito, passarono dei mesi prima che lei facesse il passo decisivo. Quando si è deboli si ha bisogno di certezze, e il tempo spesso aiuta.
In quei mesi, però, capitò che il marito partisse per qualche giorno - la damigella sua sposa sapeva bene della presenza di un'altra donna, là dove era diretto.
Fu in quel periodo che tra i due sconosciuti successe qualcosa.
Un bacio dal sapore agrodolce, due piccole parole forti e forse esagerate, tante risate spensierate e allegre. In quel tempo, il cavaliere conobbe davvero la principessa: lei gli aprì le porte del suo mondo fiabesco, una volta lo condusse anche nel suo castello.
Ma lo sposo tornò, così come era previsto, e si arrivò alla resa dei conti.
Crollò a questo punto la stabilità del mondo della piccola donna. L'aveva voluto lei, sì, ma ci fu ugualmente un momento di confusione generale, e per questo lei e il cavaliere non si videro per qualche tempo.
Finché, un bel dì, ricominciarono a frequentarsi, tornando sotto quell'albero nel bosco. Passava così, rapidamente, il tempo (i giorni pesano se sono vuoti, quei giorni invece volarono leggeri).
Ma come può un guerriero restare intrappolato da un amore fugace?
Partì, con la certezza che avrebbe voltato pagina senza fatica.
Cercò dunque di passare oltre, come faceva sempre, con le sue avventure, riprendendo il viaggio. Ma, questa volta, quest'avventura non l'aveva vissuta da solo, non spettava solo a lui decidere cosa dimenticare e cosa mantenere intatto.
Lei non aveva alcuna intenzione di passare oltre o di dimenticare qualcosa - neanche il più piccolo dettaglio doveva essere scordato. Lo seguì. Gli scrisse lettere su lettere, torturandolo di ricordi che lui cercava di affogare nel rosso scuro e buio del vino, superando quel che era stato e andando alla ricerca di una nuova impresa, degna delle precedenti. Tentando di fuggire. E fuggiva, fuggiva. Scappò lontano. Ma non importa dove dormì quella notte o quanto lontano scappasse.. Tornò.
Dopo qualche tempo, dopo più di un mese, tornò e lei sapeva che sarebbe tornato. La trovò lì, ad aspettarlo, pronta a stringerlo e a farsi stringere di nuovo. Scese dal suo cavallo pece e la guardò negli occhi, come se nulla fosse successo, come se quei giorni gravi e lenti non fossero esistiti. Sicuramente vissero felici e contenti. Ma dopo un lungo tempo sereno, dopo notti insieme, dopo tante carezze e un po' di passione, dopo risate e discussioni, dopo passeggiate e serate, il tempo tornò a chiamare il cavaliere solitario, a distoglierlo da tutto ciò che è futile e, forse, a destarlo da sentimenti falsi.
Lo vide, la sua dama, dalla finestra salire a cavallo e uscire dai cancelli; urlò e lo chiamò, chiedendo perché, il motivo di tutto questo.
In fondo era mio diritto conoscere la ragione della mia stessa solitudine.
Tuttavia non ricevetti alcuna risposta. La decisione era stata già presa, in mia assenza, e nulla può frenare la determinazione di un guerriero che ha sempre vissuto da solo e che non ha mai dovuto discutere né condividere con qualcuno le sue scelte.
Semplicemente, fa quello che vuole fare.
Così il vento si riprese il suo uomo, e io non potei far altro che guardarlo sparire nell'orizzonte.

Ma quando arriva il vento a scompigliarmi, ancora una volta, i capelli e le vesti, io sento il suo profumo a scompigliarmi, ancora una volta, i pensieri e i ricordi.

martedì 10 marzo 2009

Dodici.

Black.
Nel momento in cui leggo le sue parole, mi rendo conto di esserne una.
Una di tante parole.
Quello scritto che ho sempre considerato così speciale.. Non è altro che una delle sue opere.
Una di tante opere.
Mi rendo solo conto di essere stata una.
Una qualsiasi.
Una a caso.
Una che passava di lì.
Non ho fatto parte della sua vita, sono entrata come sono uscita.
Un'ombra.
Una tra tante ombre.
Forse un'ombra nel buio più totale.
Quanto si nota un'ombra, nel buio?
Che valore ha?
Parole che sono scaturite dalla sua mente quando ancora non c'ero - non c'ero nella sua vita, non c'ero nel suo mondo - paiono semplicemente identiche a parole che pensavo fossero mie.
Mie perchè per me.
Mie perchè mie.
E speciali, in quanto mie.
Ma no.
Sono parole, come tante altre.
In fondo, hanno tutte lo stesso peso.
Anche il numero delle parole non conta.
Non conta nulla.
Scritte o al vento, incise o sbiadite, nuove o vecchie, colte o semplici.
Sono sempre e solo parole.
E, a questo punto..
Cosa importa il significato di queste parole?
Sono solo stupide parole.
Alcune stupide parole, identiche a tante altre.
Quella poesia che mi ha scritto.
Identica a tante altre.
Per tante altre persone, forse, identiche a me.
Forse il valore che ho avuto io, l'hanno avuto anche loro.
Cosa importa, poi, se sono 3 mesi o se è solo una settimana?
Cosa importa se mi conosci e se ti conosco?
Cosa importa tutto questo?
E allora, facciamo così.
Io sono un minuscolo puntino nero in mezzo ad un mare d'inchiostro.
Niente di me andrà ricordato.
Niente di me sarà ricordato.

lunedì 2 marzo 2009

Undici.

W. Shakespeare
If then true lovers have been ever cross’d,
it stands as an edict in destiny:
then let us teach our trial patience,
because it is a customary cross,
as due to love as thoughts and dreams and sighs,
wishes and tears, poor fancy’s followers.

No reason why

La mia foto
fiori colori sole prato profumi mani voce labbra gonna greco pianoforte basso italiano luce fotografia biro.